Da Ferdinando a Jeff Bezos, due secoli dopo Balestrate non accoglie più i Re

Nel 1820 un re, e non uno qualsiasi, il re delle Due Sicilie, Ferdinando I, accolse la supplica di una borgata marinara desiderosa di essere riconosciuta come Comune. Nacque così Balestrate, per volere di un sovrano che era solito sostare in questo luogo per via della sua posizione geografica, ed era rimasto colpito dalla bellezza del territorio, dall’accoglienza del suo popolo e dalla bontà dei prodotti enogastronomici.

Duecento anni dopo la carovana di un altro re, e non uno qualunque, il sovrano di Amazon e del commercio on line, Jeff Bezos, si è trovata a passare per Balestrate grazie sempre alla sua posizione geografica. Le cose, questa volta, sono andate un po’diversamente.

La popolazione balestratese sta attraversando il periodo più nero della sua storia. È sfiduciata, divisa, e a differenza di due secoli fa, quando Sicciara attirava le famiglie del comprensorio e c’era lavoro per tutti, questa volta domina la triste piaga dell’emigrazione. I giovani partono, il paese è nel degrado e non ci sono prospettive. Due secoli fa le famiglie maggiorenti del luogo si riunirono per discutere un argomento nobile da sottoporre all’attenzione del re, quello dell’elevazione della borgata a Comune. Oggi, i maggiorenti del paese sono ricordati per essersi battuti per i propri interessi, dal piano regolatore alle spiagge passando per la gestione di beni pubblici e l’edilizia. Alcuni politici locali, se ne avessero avuto la possibilità, avrebbero forse chiesto a Bezos dei pusticeddi di corriere per loro e i loro fedeli.

Non tutti saranno d’accordo con questa mia riflessione, ne sono consapevole, ma sin dalla presentazione del libro di Salvatore Campo ho ragionato su questo parallelismo immaginando quanti re siano passati da Balestrate in questi ultimi anni e quante occasioni abbiamo perso. Eppure la nostra storia è diversa, eravamo proiettati a ben altri percorsi.

Quando il re, 200 anni fa, decretò la nascita del Comune di Balestrate, lo fece mentre stava vivendo un brutto periodo, aveva mille problemi e stava per scoppiare una rivolta. Nonostante tutto ebbe modo di accogliere quel desiderio. Cosa lo legava a questo territorio? Perché per ben due volte accolse una supplica per Balestrate?

Lo descrive a mio avviso meravigliosamente Salvatore Campo nel suo libro “I Borbone, l’Unità d’Italia e Balestrate”. Ferdinando III, Re di Sicilia, a Palermo dal 1799, “era solito visitare Partinico come meta ultima o in transito prima di raggiungere Monte Inici per le battute di caccia o Scopello per assistere alla mattanza, passando per Trappeto e Sicciara”. La carovana reale sostava dunque spesso in questo territorio ed evidentemente il re era rimasto colpito da qualcosa. Dall’accoglienza, dalla bellezza del luogo, dalle prelibatezze enogastronomiche della piccola borgata. Tanto che venti anni prima, nel 1800, aveva accolto un’altra supplica, scaturita da Paolino Gesugrande, che chiedeva che la piccola chiesetta di Sant’Anna venisse eretta a parrocchia. Ci sono dei bellissimi dialoghi verosimili nel libro di Campo che provano a spiegare meglio di qualsiasi altro tipo di ricostruzione storica come potrebbero essere andate le cose. Come quando il re ricorda di avere visto dell’uva dorata penzolare da una pergola e di esserne rimasto ammaliato, e allora un contadino, essendosi accorto di quello sguardo, senza neanche farlo parlare ne raccolse un po’, la mise in un paniere e gliela regalò.

Accoglienza, umiltà, vocazione imprenditoriale, voglia di emergere, di crescere, di primeggiare, senso di comunità, passione, ambizione, delizie della terra. C’è stato un tempo in cui Balestrate è stato tutto questo e tanto altro. Valori e sentimenti che oggi sono smarriti. Oggi, di fronte al mega yacht dell’uomo più ricco del mondo, che da solo è riuscito a far parlare di Balestrate in tutto il mondo senza avere neanche alzato un dito (a prescindere dalla sua presenza o meno a bordo), l’unica voce che emerge è quella dell’indignazione e della rabbia sociale, una sorta di lotta di classe di un popolo svuotato, che si è arreso all’assistenzialismo, a decenni di clientelismo e privazione dei diritti. Ma anche cittadini che amano il proprio paese e vorrebbero vederlo rinascere, e per questo si indignano di re e sovrani. Pur volendo non abbiamo nulla da offrire a questo target “reale” del lusso, neanche quell’uva dorata che due secoli fa fece innamorare il re. Due secoli dopo, ci siamo smarriti.