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Lì, dove Balestrate è nata, è anche morta

Chi siamo, noi? Da dove veniamo, cosa abbiamo da offrire della nostra storia?
Lì, dove un’immaginaria balestra fu schioccata per disegnare i confini del nostro paese, ci sono i resti di una festa in spiaggia.
Dove il re Federico d’Aragona concepì Balestrate in un caldo giorno del 1307, ci sono bottiglie di birra e sacchi di spazzatura.
Le terre delle balestrate sono una landa desolata, dove il vandalismo è la logica conseguenza dell’abbandono.
Le erbacce crescono rigogliose nel posto che il re Alfonso il Magnanimo il 26 febbraio 1456 donò al Camerlengo Nicolo Leofante.
Feci e degrado trionfano nella borgata che passò ai Leto, ai Santoro, ai Maltese, ai Graffeo, ai Gesugrande.
Il cuore dell’antica Sicciara, la spiaggetta dei pescatori, è un luogo dimenticato.
Non esiste, nessuno vuole che esista, nessuno l’ha ma voluto. Neanche dopo che un milione di euro fu investito in quella scalinata che dal centro abitato porta indietro nel tempo di 700 anni.
L’accesso è una cornice scarna di metallo, è un viaggio nel tempo che si perde nel vuoto.
E’ una discesa negli inferi di un popolo senza memoria, di una terra senza decoro.
Di una storia che ha perso dignità.
Lì, dove Balestrate è nata, è anche morta.

Queste sono le riflessioni di una coppia in vacanza a Balestrate. Lui, nato e cresciuto in paese, ha dovuto ammettere la sconfitta. Lei gli ha strappato una promessa: mai più a Balestrate.

 

 

 

 

Categories: Cronaca
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  • Dobbiamo ringraziare la coppia di ospiti che hanno lasciato le “riflessioni” pubblicate che sono, oltre che riflessioni, anche analisi. L’analisi di un popolo che ha perso la propria l’identità, di un popolo senza memoria. Se un ospite visitasse per la prima volta Balestrate, non saprebbe datarne le origini perché, con il tempo, sono state volutamente e con una compiacente strizzatina d’occhio, cancellate le testimonianze dell’antico borgo di Sicciara e delle sue amenità; altre sono state abbandonate. E’ qualcosa che non origina oggi, viene da lontano. Mentre la precarietà della raccolta dei RSU ricade su una catena di responsabilità, principalmente di livello regionale, l’abbandono, i guasti, le erbacce che crescono ai bordi delle strade, il mancato mantenimento del verde e di ciò che di bello si è realizzato nel tempo… sono dovuti allo scarso amore per il paese, all’insensibilità e all’ignoranza, intesa anche non come assenza o basso livello di formazione scolastica ma come incapacità innata o voluta a percepire alcuni valori, qualcosa di cui può non esserne immune anche chi ha una laurea in tasca. L’analisi lasciata dalla nostra coppia di ospiti non è politica ma sociale e quindi riguarda ognuno di noi seimila balestratesi, è una sferzata per svegliare almeno chi capisce ed è assopito o fa finta di niente.
    Salvatore Campo