Porto, protesta-flop: ma giù le mani dai balestratesi!

La manifestazione a supporto dell’amministrazione comunale, che è andata all’assessorato al Territorio a discutere sul porto, è andata praticamente deserta. C’erano pochissime persone, forse meno di dieci. E ho sentito molti puntare il dito contro i balestratesi: è vero, parlano, parlano, ma quando c’è da agire se ne stanno a casa. Sono buoni solo a mangiate e feste.
Devo dire che anche io pensavo e penso questo, che puntualmente accade in molte circostanze. Ma ho riflettuto e forse nella storia del porto c’è anche qualche altra motivazione, ben più importante. Provo a riassumere tutto su questo blog, si può condividere oppure no.
Ma pensiamoci bene: all’improvviso, dopo anni e anni durante i quali la politica ha agito sul porto senza mai informare i cittadini, si chiede alla comunità di partecipare ad azioni di protesta. Per anni, durante i quali i lavori al porto, le prospettive di sviluppo, la gestione, sono state in mano a uno sparuto gruppo di persone, hanno visto infilitrazioni mafiose, arresti, scontri amministrativi tra le ditte in gara con i cittadini a fare da spettatori, adesso si chiede ai balestratesi  di lottare per il loro futuro. Lo si chiede persino ai pescatori, che hanno subito umiliazioni, hanno pagato multe, si sono visti privare di quel porto strumento per guadagnarsi da vivere.
Se vado a pensare alle singole scelte, ai singoli passaggi presi dalla politica balestratese in tutti questi anni, senza tenere minimamente conto della cittadinanza, mi vengono i brividi. Da maggioranze volute dai cittadini e da altre frutto di inciuci e accordi clientelari.
E se torniamo a dieci anni fa, alle primissime scelte del Consiglio comunale, scelte che la storia ha dimostrato essere sbagliate, se pensiamo a chi votò quelle scelte, se poi guardiamo  a chi oggi si trova in quelle stanze, a quali personaggi della politica locale hanno attraversato questa storia lunga decenni, beh, c’è quanto meno una mancanza di visione.  Ma dobbiamo guardare avanti, dobbiamo provare almeno adesso a restare uniti sull’obiettivo porto.
E allora, come poter pensare di coinvolgere masse di persone in un venerdì mattina lavorativo, come poter convincere la gente a presenziare in un’aula consiliare occupata, azione questa di cui a Palermo ne sanno praticamente nulla? Eppure si continua a puntare il dito contro i cittadini. L’era Cuffaro ci ha regalato questa bella crisi dei rifiuti di oggi? I politicotti hanno assunto amici e parenti negli Ato? Cittadini, pagate più tasse. Non ci sono più soldi in bilancio? Cittadini, pagate più tasse. Il porto è chiuso? Cittadini, protestate o la colpa è vostra.
Non funziona proprio così. Se devo dire la mia, la gente sta consapevolmente disertando questa protesta, perché non sente il porto come suo, non vede in questa politica, locale e regionale, qualcuno che faccia i loro interessi, qualcuno da seguire. Quando tra i commenti sul web c’è chi scrive che “tanto pure che il porto apre, ci lavorano i soliti”, mica sta dicendo una bugia. Sta raccontando gli ultimi 100 anni di storia di Balestrate, della Sicilia, dell’Italia.  Sta dicendo una  verità. E nessuno può convincerlo a parole che si sta sbagliando, le parole non servono più. Servono i fatti, e a dare l’esempio per primi devono essere quei consiglieri eletti dalle persone. È da loro che si aspetta il primo passo, un passo più deciso dell’occupazione di un’aula consiliare di un paesino sperduto.
Io credo che ci sia ancora la possibilità di chiedere ai balestratesi un ultimo sforzo, di chiedere di fare sentire la loro voce. Ma bisogna spiegare perché devono farlo, bisogna rimetterli al centro di tutto.